Il racconto dell'Aga Khan: "Così a dicembre 1960 arrivai a Olbia"

di Sua Altezza il Principe Karim Aga Khan*

"Fu nel corso di una colazione con i vertici della banca che Mr. Duncan Miller parlò della Sardegna, che egli ebbe l'occasione di visitare quando soprintendeva un programma della Banca Mondiale nel Mezzogiorno. Tale programma interessava il sud dell'Isola ma Mr. Duncan Miller, in una escursione nella zona nord-est, scoprì un territorio di straordinaria bellezza.

Di sua iniziativa personale, propose ad alcuni amici dell'ambiente bancario di partecipare all'acquisto di terreni in quell'area, dove costruire delle ville per uso personale quali residenze estive. Alcuni tra i suoi amici accettarono la proposta, e tra questi Patrick Guinness (...)

Mr. Duncan Miller mostrò alcune fotografie della zona, scattate nel periodo estivo. Immagini di particolare bellezza, mare straordinariamente trasparente, nessuna costruzione: appariva come un paradiso in terra! Si costituì così un piccolo sindacato di persone, che parteciparono esclusivamente a titolo personale e privato; tra di esse, Lord Crowther, proprietario dell'Economist.

Malgrado non avessi mai messo piede in Sardegna, accettai di far parte della compagnia. Il mio investimento in questa operazione fu di 25.000 dollari. Naturalmente, decisi di andare a vedere i terreni dei quali avevo acquistato una partecipazione. Va precisato che si trattava di un sindacato con una struttura societaria che dava a tutti i soci gli stessi diritti sui beni ovvero una dozzina di persone comproprietari di un'area di alcune decine di ettari.

Nel dicembre del 1960, dopo una disagevole traversata con il traghetto da Civitavecchia, arrivai per la prima volta ad Olbia. Alloggiai in un ancora più disagevole albergo (il Jolly, ndr) che si trovava proprio nei pressi della linea ferroviaria, all'entrata del porto commerciale di Olbia. Così alle 4 del mattino fui svegliato dal movimento dei vagoni in manovra nel porto.

Per raggiungere la zona dove ero diretto, bisognava comunque partire di buon'ora. Infatti la strada era un sentiero di campagna e così dopo quattro ore arrivai, con una jeep, ad Abbiadori. Di qui, a piedi, proseguii verso Capriccioli. Faceva freddo, pioveva e c'era vento. Arrivato a Capriccioli mi fu impossibile identificare i terreni che avevamo acquistato. Nell'area non c'era una sorgente di acqua potabile, non esisteva un telefono nel giro di parecchi chilometri ed il viaggio in jeep dalla Costa Smeralda ad Olbia e ritorno era di non meno di otto ore; quindi una vera impresa solo per poter fare gli approvvigionamenti giornalieri.

Dunque, non fui io a scoprire la Costa Smeralda, anzi la mia prima esperienza fu negativa sotto tutti i punti di vista. Mi pentii amaramente di aver investito quei 25.000 dollari, che all'epoca rappresentavano una somma rilevante, equivalente, per esempio, a al costo di dieci anni di studio presso l'Università di Harvard la cui iscrizione annuale era di 2.500 dollari.

Mi resi conto d'essere stato mal consigliato da parte di persone molto poco realiste perché, almeno alcuni, se non tutti i componenti il sindacato dovevano sapere che sarebbe stato assolutamente impossibile pensare di costruire qualsiasi tipo di residenza estiva in quella zona. Il mio primo pensiero fu quello di non tornare mai più in Sardegna.

Ma per non rimetterci l'intera somma investita, decisi di approfondire e cercare di capire che cosa fosse la Sardegna. In quel periodo leggevo molta letteratura francese, così mi ricordai della tragica situazione nella quale si trovò Honoré de Balzac quando investì in Sardegna, anche lui su consiglio di suoi "amici", quei pochi ma sudati risparmi che aveva saputo accumulare, perdendoli totalmente nel fondo delle miniere dell'Argentiera. Certamente non mi vidi nella stessa situazione di Balzac, ma le similitudini erano evidenti e non desideravo certo che il mio investimento finisse come il suo.

Nella primavera dell'anno successivo (il 1961, ndr), feci lo stesso viaggio: via aerea fino a Roma, in traghetto per Olbia e poi con la campagnola e a piedi fino alla zona conosciuta oggi come Costa Smeralda. Il sole incominciava a farsi sentire, il cielo era sereno e blu intenso, la macchia mediterranea era invasa dal giallo delle ginestre; l'acqua del mare sulla battigia brillava. La Costa Smeralda mi sussurrava: "non mi giudicare troppo severamente per come mi presento in inverno, ora vesto il mio costume primaverile, allora sii disponibile a visitarmi in estate. Mi troverai ancora attraente".

Il messaggio era accattivante, ma la realtà dell'ambiente non consentiva, nella maniera più assoluta, di poter pensare che qualcuno potesse costruirsi una residenza estiva in quanto, come ho detto, la zona non offriva nemmeno quel minimo di servizi che la rendessero vivibile. II "richiamo" fu comunque così forte che ritornai quella stessa estate.

Con alcuni amici partimmo in barca, un piccolo Chriscraft di 12 metri, dalla Costa Azzurra. Appena lasciato il porto fummo investiti da un mare grosso, con un maestrale forza 8/9. Dopo alcune decine di ore di difficile navigazione di giorno e di notte, e dopo aver attraversato disagevolmente le Bocche di Bonifacio, battute dal violento maestrale, approdammo finalmente nella baia di Porto Cervo, che ci apparve un paradiso di tranquillità e di pace. L'indomani il vento diminuì e il giorno successivo la Costa Smeralda ci si presentò nel suo costume estivo: un sole caldo, un mare incredibilmente trasparente e luccicante, spiagge bianche, probabilmente per secoli mai calpestate. 

Il mio coinvolgimento con la Sardegna quindi non fu amore a prima vista, ma da allora è sempre stata una relazione passionale, con tutti i significati che questa accezione può avere anche dei sentimenti, nelle emozioni e nelle traversie.

Le regole urbanistiche e di costruzione restrittive, volute e adottate dai fondatori del Consorzio per la protezione delle caratteristiche ambientali dell'area, sarebbero potute essere accettabili da parte delle persone interessate ad investire in Costa Smeralda? Lo sarebbero state anche per quegli imprenditori, sicuramente almeno altrettanto interessati se non molto di più, nei profitti derivanti dai loro investimenti, rispetto all'impatto che questi avrebbero avuto sul territorio e sull'ambiente?

Il Consorzio scelse l'imposizione di severi controlli e li mantenne nella convinzione che, quando fossero stati recepiti quali garanzie per chi viveva e lavorava in Costa Smeralda, avrebbero ottenuto un ampio e generale Sostegno da parte di tutti. Questa scelta si è dimostrata nel tempo corretta e appropriata. 

Penso si possa dire che il Consorzio Costa Smeralda, nel corso di questi venticinque anni, è stato, e continua ad essere, il principale promotore dello sviluppo turistico regionale. Di fatto ha lanciato questa "nuova" industria, l'ha costantemente sostenuta e guidata.

(...) In questi 25 anni ha saputo identificar e valutare il potenziale, le opportunità e l’impatto delle stesse sul sistema socio-economico locale. Ha altresì dimostrato capacità, maturità e senso di responsabilità, programmando lo sviluppo su basi di lungo termine. Ha svolto anche un ruolo sempre più importante quale interlocutore del Governo Regionale e delle Amministrazioni locali per le tematiche inerenti il comparto turistico".

*Questa è un'intervista rilasciata dal Principe Karim Aga Khan al "Costa Smeralda Magazine", n 2, del 1987 e ripubblicata nel 2024 dalla rivista "Amare" del Cipnes e della Regione Sardegna.