Il Consiglio di Stato: "I consorzi industriali possono espropriare i lotti inutilizzati"
I Consorzi industriali hanno il potere di riacquistare, con l’esproprio, le aree consortili cedute per attività produttive in cui gli acquirenti non abbiano realizzato l’investimento entro cinque anni. Possono anche riacquistare, sempre con l’esproprio, le aree in cui le attività siano cessate da più di tre anni. Sono facoltà esercitabili anche in presenza di procedure concorsuali. E non costituiscono una violazione della proprietà privata, anzi, è il “perseguimento degli interessi prioritari di natura sociale”. Questo prevede la legge sui consorzi industriali, la numero 448 del 1998, con l’articolo 63.
Questo potere è stato riaffermato inequivocabilmente dal Consiglio di Stato con più di una sentenza a favore dell'azione del Cipnes Gallura, il consorzio industriale di Olbia. Le sentenze sono la numero 7251 e la numero 7436, entrambe del 2021.
Sono provvedimento che definiscono con nettezza e chiarezza, anche sulla scia di un pronunciamento della Cassazione, il ruolo e la missione dei consorzi industriali per lo sviluppo economico dell’Italia. I consorzi hanno il compito di creare le condizioni per gli investimenti industriali. Possono farlo infrastrutturando le aree e possono farlo – come espressamente dettato dalla legge – anche agendo perché i lotti non restino improduttivi per più di 5 anni per inerzia degli imprenditori privati. Rimettere quelle aree inutilizzate a disposizione di nuovi imprenditori intenzionati a investire, anche con gli espropri, è l’obbiettivo che devono avere i consorzi industriali. La finalità della legge è infatti duplice: vuole evitare che le aree industriali restino, nel caso di chiusura delle aziende, enormi spazi di “archeologia industriale” e che, nel caso di lotti rimasti inattivi, si consumi altro territorio vergine.
È la linea strategica che ha seguito il Cipnes Gallura per la riconversione delle aree dell'ex Palmera e, da ultimo, per quella in cui ha aperto la nuova concessionaria German Car.
La sentenza. Il contenzioso amministrativo riguardava la riacquisizione fatta dal Cipnes Gallura di un lotto rimasto inutilizzato per più di 5 anni, dell’estensione di 12 mila metri quadri, all’interno del complesso Geovillage. La società titolare di un credito sull’area si era opposta alla riacquisizione ricorrendo al Tar della Sardegna. I giudici amministrativi avevano respinto il ricorso, con la sentenza numero 23 del 2020. La società ricorrente aveva presentato appello al Consiglio di Stato, che con la sentenza 07251 del 29 ottobre 2021 ha confermato il giudizio del Tar
Il ruolo del Consiglio di Stato. Nella sentenza il Consiglio di Stato, sezione IV, ha prima di tutto ribadito la sua competenza sulla legislazione dei consorzi industriali, come fissato dalla Cassazione civile, a sezioni unite, con il provvedimento 4462 del 24 febbraio 2011 e dallo stesso Consiglio di Stato, sezione VI, con la sentenza 664 del 2012. “Appartiene alla giurisdizione del Consiglio di Stato la controversia avente ad oggetto l'esercizio, da parte di un consorzio di sviluppo industriale, del potere autoritativo di disporre la risoluzione del contratto e il riacquisto dei beni venduti al privato per mancata realizzazione del programma industriale, ai sensi dell'art. 63 della legge 448 del 1998”.
In via preliminare, poi, il Consiglio di Stato ha evidenziato come “la ricostruzione in fatto” del Tar Sardegna “non sia stata contestata dalle parti costituite”. Poi è entrato nel merito in modo esauriente e con quattro punti in cui viene fissata la missione dei consorzi industriali.
Lotti riacquistabili. “Si rileva in primis che, ai sensi dell’art. 63 della legge 448 i consorzi di sviluppo industriale” - disciplinati dall’articolo 36 della legge 317 del 1991 e, nel caso della Sardegna, dalla legge 8 del 2008 - “hanno la facoltà di riacquistare la proprietà delle aree cedute per intraprese industriali o artigianali nell’ipotesi in cui il cessionario non realizzi lo stabilimento nel termine di cinque anni dalla cessione. Gli stessi consorzi hanno la facoltà di riacquistare unitamente alle aree cedute anche gli stabilimenti industriali o artigianali ivi realizzati nell’ipotesi in cui sia cessata l’attività industriale o artigianale da più di tre anni. Queste facoltà possono essere esercitate anche in presenza di procedure concorsuali”. Su quest’ultimo aspetto il Consiglio di Stato, sezione VI, si era è pronunciato con la sentenza numero 3644 del 2010.
La natura espropriativa. “Il procedimento disciplinato dall’art. 63 della legge 448 ha “natura espropriativa” e il potere esercitato dal consorzio è un potere autoritativo di disporre la risoluzione del contratto e il riacquisto dei beni venduti al privato per mancata realizzazione del programma industriale. La norma, pertanto, attribuisce ai consorzi un diritto potestativo, da intendersi come un diritto potestativo pubblico, che si esplica in un’azione di recupero del bene per ripristinarne la destinazione istituzionale a mezzo di un atto che ha natura latu sensu espropriativa in quanto incide sul diritto di proprietà del titolare del bene di produzione (ancorché funzionalizzato e soggetto ad immanente vincolo di destinazione)”
Consentite le agevolazioni. “L’assegnazione in proprietà o la concessione in uso di aree a prezzi inferiori a quelli di mercato” - come è avvenuto nel caso del Geovillage - “costituiscono uno strumento di intervento pubblico per la promozione delle attività imprenditoriali mediante abbattimento di costi (quindi con effetto economicamente equivalente alla concessione di diversi tipi di incentivo finanziario) per la realizzazione di stabilimenti produttivi. In ragione di ciò, considerato che la mancata utilizzazione delle aree e dei complessi immobiliari in questione comporta la vanificazione delle finalità perseguite con tale iniziativa, è prevista dall’art. 63 della legge 448 la riacquisizione da parte del consorzio dei beni assegnati alle imprese e da queste lasciati improduttivi”.
Interesse sociale prioritario. “Risultano manifestamente infondati i profili di incostituzionalità della disposizione prospettati dalle parti appellanti, come visto essendo più volte e costantemente affermato dalla giurisprudenza che la previsione normativa del potere di retrocessione, pacificamente esercitabile anche in presenza di una procedura concorsuale, si fonda sull’esistenza di un preminente interesse pubblico. Al riguardo, va inoltre dato atto che la recente giurisprudenza, in maniera del tutto condivisibile, ha escluso possibili contrasti della disposizione in esame con l’art. 42 della Costituzione sulla proprietà. Al riguardo è stato infatti chiarito che la normativa in questione, piuttosto che determinare una violazione del principio costituzionale, costituisce piena applicazione dello stesso nell’ottica del perseguimento degli interessi prioritari di natura sociale che possono determinare una limitazione del diritto stesso al fine di favorire lo sviluppo industriale mediante l’attribuzione di concreti strumenti operativi ai soggetti che ne devono agevolare l’attuazione”.